lunedì 16 agosto 2010

La scena primaria

Spiegare, secondo la prassi comune e la comprensione teoretica prevalente, significa ricondurre un effetto a una causa: una Ursache, vale a dire una cosa originaria, una datità prima che, una volta individuata, risalterebbe con un'evidenza capace di trasmettersi in modo lineare a ciò che ne segue. La verità, o per lo meno il senso, si troverebbero secondo questo paradigma dietro, sotto o prima della superficie delle cose, come un sistema di cause capace di strutturare e di fondare il mondo degli effetti. 
Questo modello di rappresentazione è talmente onnipresente da sembrare la cosa stessa: in questo precipitare in unità di verità, causa, fondamento ed essere si ricapitolano, assieme, il discorso ordinario, la fede religiosa, il metodo classico delle scienze e persino gran parte delle forme del pensiero filosofico. Forse mai questa unificazione è stata visibile come nella fenomenologia: la messa tra parentesi della Lebenswelt ne trasforma i contenuti e l'orientamento, ma ne mantiene il presupposto strutturale di continuità lineare del mondo, fino a risolversi in una ricerca dell'evidenza pura, la cui luce dovrebbe potersi trasmettere a tutta la catena dei vissuti; proprio questo atteggiamento nei confronti della verità sembrerebbe allora la chiave per comprendere come si sia potuta trasformare in senso ontologico e in apologetica del fondamento.
Se questo paradigma è prevalente, non significa però che sia privo di alternative. In altre parole, se la tesi appena riassunta pone la verità a monte di ciò che è immediatamente dato, è possibile proporne una che la ponga a valle, come risultato e non come presupposto, come effetto e non come causa. Si tratta di un approccio che vanta illustrissimi referenti, e che si caratterizza per una modalità pragmatica più che semplicemente teoretica: in esso, non ne va tanto della visione che coglie la verità nell’essere, quanto di un’azione che la produce, e di un pensiero teso a fuggire l’astratto e a cogliere il concreto. In altre parole, comprendere e spiegare divengono funzioni attive, che interagiscono costantemente con il loro oggetto in vista di un risultato necessariamente storico.
Ciò comporta una marcata diversità nell’atteggiamento extrateorico, vale a dire nella definizione della posta in gioco dell’attività del comprendere: da una parte, si mira a conseguire un punto originario, per risolvere i problemi cogenti, a seconda dei casi, con il ritorno a una purezza perduta o con la soluzione di un problema a monte. Nell’altro, si mira a individuare le linee di trasformazione per agire su di esse, a definire la situazione problematica nei termini delle sue diverse evoluzioni, a elaborare possibili risposte in un quadro in costante mutazione. La teoria si innesta direttamente sulla prassi come strategia, e questa trasformazione della sua pragmatica si declina, di necessità, anche sui suoi assunti logici.

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