domenica 29 agosto 2010

La prode Germania

Romano Prodi, sul Messaggero di oggi, scrive il solito articolo sulla Germania, i cui contenuti possono essere facilmente sintetizzati: l''economia tedesca esercita una indubbia leadership in Europa, con una performance che deve molto all'integrazione europea. Pertanto, è loro interesse colmare il vuoto politico e decisionale oggi presente nelle istituzioni europee con un maggiore protagonismo, di cui c'è un gran bisogno per far ripartire un progetto comune, anche se sembra in Germania sembra prevalere, tanto nell'opinione pubblica quanto tra i decisori politici ed economici, un certo scetticismo, se non una tendenza quasi separatista.
Ora, se è chiaro che la leadership tedesca è un dato di fatto, lo è anche la fisionomia della Germania moderna, che ha rinunciato programmaticamente a ogni ruolo egemone in politica per concentrarsi sullo sviluppo economico e sociale. Se è vero che la società tedesca non può accontentarsi di quello che ha raggiunto, i suoi sforzi di innovazione e sviluppo passano in primo luogo per il rilancio del famoso modello dell'economia sociale di mercato, che negli ultimi anni è stato fortemente intaccato.
Proprio su questo modello, e non sul messianismo di una guida politica, si gioca la vera proposta che la Germania può fare all'Europa: in questo senso, la sentenza della Corte costituzionale di Karlsruhe, che ha affermato la prevalenza delle normative nazionali su quelle comunitarie in virtù di un loro più forte mandato democratico, non costituisce, come sembra pensare Prodi, un punto di arresto ma una base di partenza. Questa sentenza è un potente meccanismo di difesa dell'economia sociale in una temperie politica in cui prevalgono altri modelli, quelli polverizzati dalla crisi finanziaria globale; soprattutto, essa sfida le istituzioni europee sul piano della loro legittimazione democratica, mettendone a nudo l'essenza di strumenti decisionali dall'alto, governati da un'oligarchia che non ha nessun interesse a promuovere uno sviluppo sostenibile e condiviso.
In altre parole, non si può chiedere al governo Merkel, o a qualsiasi altro governo tedesco, di riformare l'asse con la Francia e dettare l'agenda comune, e non solo perché l'attuale governo francese è palesemente inadatto. Quello che va fatto, se si vuole davvero utilizzare la forza tedesca per risollevare l'Europa, è riprendere il modello sociale ed economico di maggiore successo nei Paesi avanzati e condividerlo su scala comunitaria, sulla base di una maggiore integrazione democratica: solo in questo modo la Germania può esercitare una leadership che non si trasformi in egemonia, e che vada a beneficio di tutti.
Ma per farlo, è necessario "diventare tedeschi", obbligando tutti gli attori sociali, e in primo luogo le imprese, ad assumersi le loro responsabilità.

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